E’ il messaggio positivo del Sindaco di Firenze Dario Nardella, già attivo con un piano di rinascita per una delle città artistiche più belle d’ Italia. Con la passione e la curiosità che mi accompagna ogni volta che arrivo a Firenze, voglio offrire il mio piccolo contributo dando luce ad un posto speciale, dove ho trascorso una serata indimenticabile proprio poco prima del lockdown … e ne è valsa veramente la pena!
Mangiare male a Firenze (come d’altronde in tutto il resto d’Italia) è davvero difficile. Quando si arriva in territorio di Bianchi e Azzurri l’idea che balena subito alla mente e soprattutto allo stomaco, è trovare un buon ristorante per dedicarsi a un ottimo piatto di carne, ma Firenze non è solo quello.
Nel tempo la ristorazione è mutata anche nel sacro tempio della bistecca al sangue e quartieri come quello di San Frediano è diventato fulcro di fermento internazionale con la presenza di botteghe artigiane, gallerie d’arte, antiquari e soprattutto trattorie storiche che hanno l’anima e il sapore della tradizione, ma con una interpretazione nuova e di stile.
In via del Drago d’ Oro nasce Gunè, figlio di contaminazione tra due culture regionali molti forti e popolari come quella lucana e quella toscana.
Nicola Langone, patron del ristorante Gunè, ha voluto riportare a tavola la conoscenza delle tradizioni e delle materie prime della sua terra di nascita e di quella di adozione, che lo vede sul territorio fiorentino da oltre 30 anni. L’incipit creativo parte dunque dal racconto contemporaneo di due approcci di cucina tradizionale con un’identità riconoscibile e consistente.
Il comun denominatore fra queste due culture viene individuato nella forza creatrice delle donne a cui il ristorante dedica il suo nome: GUNE’, termine che in greco (γυνή) significa “Donna”. E non è un caso se le donne con la loro capacità generatrice sono capaci di fondere saperi e sapori antichi. E tutte donne sono le portagoniste della sala di questo nuovo ed elegante punto di riferimento fiorentino, dall’accoglienza al bar.
Se la mente è lucana, la mano toscana dello chef Mirko Margheri firma il menù e adopera i fornelli con l’idea del recupero di tutto il sapere tecnico ed artigianale delle ricette antiche, delle paste fatte in casa più conosciute di entrambe le regioni, fondendole in proposte uniche.
Guardando il menù si può iniziare con il polpo cotto a bassa temperatura ripassato alla griglia su spuma di patate, lampascioni e perline di peperoni. In alternativa “Il piccione del Valdarno in declinazione”: petto, coscia e il suo fegato in tartufo e creme brulè. Tra i primi spicca: “Come lo faceva mamma” è uno dei piatti di punta, con frizzuli fatti in casa al sugo Lucano, rafano piccante e pecorino di Moliterno. Per poi procedere con il secondo: guancia di vitello rifatta con tartare di gamberi e bagna cauda emulsionata. E per finire in dolcezza con la “Sfera” ovvero una zuppa inglese Alchermes, pere cotte al cioccolato e sfera di cioccolato rosso.
Tutti i piatti dello chef Mirko Margheri hanno un forte legame con la memoria.
Il ricordo del passato, delle antiche ricette, gli ingredienti meno usuali, ricchezza che ha forgiato in anni di studio e di lavoro soprattutto in Francia, dove è stato stregato dalla nouvelle cuisine e dall’estrema attenzione al dettaglio.
Come vi siete conosciuti con Nicola Lagnone?
Ho incontrato Nicola nella mia precedente posizione di chef in territorio italiano, dopo il girovagare in europa per crescere ed arricchire la mia esperienza.
E’ stato difficile interpretare il pensiero lucano e metterlo nel piatto?
No non è stato difficile poiché ci sono molte similitudini con la cucina toscana, si fa molto uso di legumi, scarti di maiale che vengono impiegati nella preparazione di diversi piatti . La mia formazione è stata arricchita anche da un incontro con un singolare cuoco della capitale con sede operativa a Testaccio, che ha fatto sì che nei miei piatti ci fosse anche una piccola contaminazione romana. Ed è così che prende vita il mio gnocco di baccalà, senza farina, il baccalà ben lavorato con aggiunta di un mix di cacio e pepe con il pecorino di Moliterno abbinato al grana .
Il piatto che ti rispecchia di più nel menù?
Decisamente il piccione. Sono un’amante di tutto ciò che è selvaggina, provengo da una famiglia di contadini e la nostra alimentazione andava dalla faraona, al piccione, al galletto, era difficile trovare manzo e vitella a tavola. In carta per esempio ho inserito il coniglio, che ultimamente nei menù è poco utilizzato. In Francia ho appreso una cosa che a volte a noi italiani manca: la precisione, l’ attenzione alla minuzisiosità, al dettaglio, noi italiani abbiamo dei prodotti fenomenali, ma a volte tralasciamo la accurata cura meticolosa, che magari è sopraffatta dall’abitudine del “fare”.
In cucina si deve giocare, ci si deve divertire.
La cucina di Gunè è tutta al maschile, al contrario della sala.
Si siamo tutti uomini, anche se a me piacciono molto le donne ai fornelli, sono in gamba, hanno una bella mano, però è difficile trovarle e quindi reclutarle, se ne trovano in maggior numero invece in pasticceria.
Cosa c’è di tuo nel nuovo menù?
Il tortellino 2.0. Quando ero piccolo e tornavo a casa, magari da una giornata storta, mia madre mi faceva trovare i tortellini in crema di latte, e l’ho voluto riproporre qui. Un tortello fatto da noi con all’ interno un impasto di metà bardiccio (tipico insaccato toscano) e metà salsiccia lucana grassa, ed altri ingredienti, poi viene preparata una crema di latte nel sifone, per renderla soffice e cremosa, sopra poi cosparsi con polvere di soppressata lucana. Mangiandolo viene in mente il tortellino panna e prosciutto, ma con un tocco nuovo.
Ho inserito anche in menù il coniglio in tre versioni che dovete assolutamente venire ad assaggiare!
Lo sguardo di Nicola Lagnone non va solo al piatto , ma anche al bicchiere e soprattutto al bancone per la mixology, proponendo un menù in abbinamento a cocktail studiati ad hoc, dando così un taglio più internazionale al locale, proponendo di pasteggiare con speciali drink o classici senza tempo. Parte proprio da questo la scelta di avere una professionista dietro al bancone, ovvero la barlady Veronica Costantino.
La parola contaminazione si ritrova inoltre nell’ interior design del ristorante, che pur inserendosi in un quartiere storico, all’interno di un edificio rinascimentale, mostra una vena fortemente contemporanea.
Il bancone del cocktail bar con le sue morbide forme e l’ottone che fa da padrone, accoglie il cliente con il suo colore brillante, lasciando spazio a tinte più soft e avvolgenti delle sale.
I varchi, che si aprono da un ambiente all’altro e percorrono il locale, incorniciano con effetto teatrale la visione delle sale, ma il vostro sguardo sarà catturato immediatamente dall’elegante logo in ottone in compagnia di corpi illuminanti, proprio sulla parete di fondo rivestita da listelli azzurro polvere, che lasciano spazio alla grande seduta formata da una morbida panca di velluto in tinta.
Le nuance indaco più o meno intense, rivestono pareti e boiserie, creando un’atmosfera calda e seducente dallo stile retrò con chiari richiami moderni, dando vita ad un percorso colorato che accompagna nel cuore del locale dove la cucina “a vista” è protagonista.
E dunque la palette dei colori è dominata dagli azzurri, dal color ottone, dal legno e tocchi avorio, il risultato è un ambiente elegante, ricercato, contemporaneo ma anche old style, tutti i provocanti contrasti racchiusi in ogni ‘Gunè’.
Alle pareti i ritratti delle donne più famose del ventesimo secolo che guidano i clienti all’interno del locale. Una serie di acrilici e spray di chiara matrice street, realizzati su tela da Andrea Pomini (in arte Pomo) che ritraggono una selezione di figure femminili: Audrey Hepburn, Frida Khalo, Margherita Hack, Maria Callas e molte altre che hanno contribuito a rafforzare il concetto di Donna, con la “D” maiuscola nel mondo.
Gunè San Frediano
Via del Drago d’Oro, 1r
50124 Firenze
Per Prenotazioni: 055.4939902
APERTO DALLE 18.00 ALLE 24.00
DOMENICA SOLO A PRANZO
CHIUSURA LUNEDÌ
https://gunesanfrediano.it/it/
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