Il rock non sarà più nelle parti alte delle classifiche come un tempo ma di certo non si può considerare mai passato di moda. Nel mondo come ovviamente nel nostro Paese. E per La Ragnatela News abbiamo intervistato una importante realtà rock italiana che sta emergendo negli ultimi anni: direttamente da Roma, i WakeUpCall, rappresentati dal loro leader Tommaso Forni.
Perché la scelta del nome del gruppo “WakeUpCall”?
Abbiamo preso il nome dal titolo di una canzone. Molti si confondono perché credono si tratti del brano dei Maroon 5, ma in realtà il brano a cui ci riferiamo è “Wake Up Call” degli Europe, band nota principalmente per “The final countdown”. All’inizio degli anni 2000 tornarono dopo alcuni anni in cui erano “spariti” e lo fecero con un disco molto moderno. Avevamo tanti possibili nomi in mente da scegliere per la nostra band, ma un giorno, mentre eravamo in auto, la radio trasmetteva questo pezzo pieno di energia che ci colpì subito. E pensammo che il titolo di questo pezzo fosse azzeccato per dare un nome al nostro progetto, perché rappresenta la “sveglia”, immagine che rappresenta l’energia, e quindi abbiamo ritenuto questa scelta adatta per la nostra musica.
Come si è poi formato il gruppo in generale?
La band è formata principalmente da me e mio fratello, il chitarrista del gruppo. Abbiamo sempre suonato fin da piccoli insieme anche in altre formazioni un po’ più amatoriali. Ma a un certo punto ci è arrivata una proposta da parte di un produttore americano abbastanza famoso, che aveva lavorato con Alice Cooper ed Eric Clapton per citare alcuni nomi, aveva sentito delle canzoni e ci ha detto “Se avete altre canzoni mi piacerebbe produrvele perché mi piace il vostro sound”. Allora abbiamo pensato che se fino a quel momento avevamo fatto tanta gavetta a livello amatoriale, era arrivato il tempo di girare pagina e ricominciare da capo in maniera più professionale. Abbiamo pensato che questo fosse il confermativo perfetto per voltare pagina e sono nati all’inizio del 2010 i WakeUpCall. Siamo nati con una formazione diversa da quella attuale, anche perché durante tutti questi anni abbiamo perso qualche pezzo per strada come è normale: noi abbiamo cominciato mentre avevamo vent’anni, il periodo in cui pensi che le cose durino per sempre, ma poi comunque fare questo tipo di vita non è facilissimo, non è per tutti quindi arrivi a un punto in cui ognuno prende strade diverse e siamo arrivati al quarto anno con l’attuale formazione. Che speriamo sia definitiva e che duri per tanto tanto tempo.
Quest’anno avete pubblicato due singoli, uno intitolato “Fortunati mai”, l’altro “Tu non ascolti mai”. Iniziamo con “Tu non ascolti mai”: parlaci di questo brano.
Questo in particolare è il primissimo brano che in carriera abbiamo pubblicato in italiano, dopo una serie di dischi in inglese e tutta una serie di percorsi che abbiamo fatto sempre e principalmente all’estero. Abbiamo sentito che il momento giusto per farci ascoltare anche qui in Italia, a casa nostra, e quindi è nata “Tu non ascolti mai”, la nostra prima canzone in italiano. Si tratta di una canzone che si può leggere sotto due punti di vista speculari che viaggiano sulla stessa onda, però una parte parla di una ragazza che è talmente innamorata di un ragazzo da essere supergelosa perfino dei suoi sogni e non riesce a dividere l’amore per questo ragazzo con i suoi sogni. Però non capisce che senza questi sogni non può fare quello che ama nella vita e non riesce a vivere, e come tutte le relazioni finisce non benissimo. Ovviamente ogni riferimento a persone esistenti e alle relazioni dei WakeUpCall è puramente casuale. D’altra parte però giochiamo anche con il titolo della canzone, “Tu non ascolti mai”, proprio perché noi in Italia ci siamo sempre sentiti poco ascoltati, e quindi è una specie di grido al farci ascoltare anche qui a casa nostra.
Anche perché purtroppo gruppi con sonorità rock come le vostre hanno poco terreno fertile qui in Italia, territorio dove negli ultimi anni si è favorito lo sviluppo dell’elettropop o del rap…
Esatto. Però noi, anche se il rock sembra sempre un po’ scomparire, alla fine torna sempre, non muore mai, e quindi noi continuiamo ad andare per la nostra strada e fare quel che ci piace.
C’è poi il nuovo singolo “Fortunati mai”, pubblicato il 15 luglio. Parlaci invece di questo brano.
Questo brano, a differenza di tutti gli altri brani che abbiamo scritto che si caratterizzano sempre per contesti un po’ più seri, è molto ironico. E parla proprio di tutte le sfortune che capitano a una band italiana che suona rock nel 2020. Il testo nasce proprio da aneddoti relativi a tutte le date e tutti i tour che abbiamo fatto, di sventure ce ne sono capitate tante. Noi ormai ridiamo di queste sventure, perché se dovessimo ogni volta prendercela e arrabbiarci per ogni sfortuna qui non si andrebbe mai avanti. Abbiamo imparato che questa è la musica che ci piace suonare, questo è quello che ci piace fare nella vita e nonostante tutte le difficoltà noi comunque andiamo avanti. Anzi, brindiamo e ci scherziamo su, e speriamo che anche le altre persone riescano a trarre l’ironia da questo brano: nonostante le cose ogni tanto non vadano bene, a noi non interessa e andiamo avanti per la nostra strada.
Il vostro 2020 non è stato solo un grande anno di successi a livello di inediti, ma anche l’anno di una nuova versione di “Nel blu dipinto di blu” scelta come colonna sonora di un’iniziativa nata per intitolare a Domenico Modugno il Teatro Ariston di Sanremo per la 70° edizione. Come è nata quest’idea?
Abbiamo sempre cantato in inglese come detto prima, e il passaggio all’italiano si faceva sempre più imminente. Si è quindi pensato di rendere tutto un po’ più fluido tramite una cover e quindi ci è capitato di fare qualche anno fa uno spettacolo in cui ci chiedevano di riadattare una serie di cover molto vecchie italiane in versione un po’ più moderna. Ed è uscita fuori questa “Nel blu dipinto di blu” molto apprezzata durante lo spettacolo e quindi abbiamo pensato che registrarla fosse una buona idea. Ha avuto un piccolo successo inaspettato tanto da essere passata tantissimo in radio, online, ed era diventata la colonna sonora di questa iniziativa per intitolare il Teatro Ariston a Modugno. E’ stata una bella sorpresa e un riconoscimento importante che non ci aspettavamo, e ne siamo molto contenti. Infatti questa esperienza e questa nuova avventura con l’italiano ci rendeva inizialmente tutti un po’ titubanti. E in realtà ci sta dando a tutti delle grandi soddisfazioni, una dopo l’altra, e quindi siamo contenti e continueremo su questa strada.
A proposito di Sanremo, con “Tu non ascolti mai” eravate stati scelti tra i primi 60 artisti per Sanremo Giovani. Non siete arrivati alla fase finale: ci sarà un nuovo tentativo per Sanremo Giovani 2021?
Sicuramente ci stiamo riflettendo seriamente, perché questa situazione di “Tu non ascolti mai” a Sanremo è stata per noi inaspettata, era un pezzo appena pronto, abbiamo consegnato il pezzo pensando “ma sì, tanto non ci prenderanno mai”. Dovevamo anche partire per un tour in Russia di lì a poco, e invece ci hanno chiamati e anche questa è stata una bella sorpresa. Sono assolutamente convinto che riproveremo anche nel 2021. Stiamo solo cercando di capire con che cosa!
Tornando alla vostra carriera in inglese, nel 2017 avete pubblicato un disco intitolato “If Beethoven was a punk”, opera rock che mescola la musica classica con le vostre sonorità rock. Come è nato questo progetto?
Io e mio fratello ascoltiamo fin da piccoli tanta musica classica, anche perché nostro padre era un grande estimatore e collezionista di dischi di musica classica, quindi facevamo le battaglie finte ascoltando Beethoven, Mozart e Wagner. Poi a un certo punto, con la ribellione adolescenziale, ci siamo allontanati completamente da questa cosa perché è arrivato il rock’n’roll per poi tornare indietro da dove eravamo partiti. In particolare, mio fratello (il chitarrista) ha anche studiato al conservatorio e fatto studi classici. A un certo punto, mentre stavamo scrivendo i pezzi per il nuovo disco, mi fa sentire questa canzone chiamata “If Beethoven was a punk” che durava 12 minuti. Era una cosa fuori di testa, ho pensato “questo ha perso completamente la capoccia” come si dice a Roma. E invece poi, ascoltando la band, ci ho trovato del geniale. Siamo quindi andati a ridimensionare la canzone per ridurla a una durata “umana” e da lì è nata tutta una serie di canzoni che però non sono cover. Noi abbiamo preso dei pezzettini famosi di musica classica, per esempio l’Alleluja di Haendel e ci abbiamo costruito intorno una canzone nuova, originale. E quindi si tratta di 10 canzoni originali con inserti di musica classica. Per far vedere in realtà anche come la musica classica non è poi così lontana dalla musica punk, dal rock o dal pop. E’ uscito fuori un bel progetto che ha poi vinto diversi premi, ne è nato anche un fumetto, una storia dove c’è Beethoven che si ritrova ai giorni nostri e partecipa a un talent show (è molto divertente), e ne è nato anche uno spettacolo teatrale.
Ultima domanda: oltre al tentativo Sanremo, altri progetti futuri per i WakeUpCall?
Allora, noi in realtà per questo progetto in italiano abbiamo scritto tantissime canzoni, avremmo in realtà un disco in italiano già pronto. Stiamo riflettendo solo se farlo uscire o meno nel 2020: veniamo da un’epoca in cui si compravano i dischi, ora i ragazzi non si ascoltano il disco intero, si ascoltano la canzone nella playlist di Spotify o su YouTube. Quindi purtroppo l’idea di album è oggi un po’ vintage, e stiamo ragionando se far uscire un intero disco o continuare facendo uscire un singolo alla volta. Ma comunque nel nostro futuro ci sarà tantissima musica italiana e speriamo di tornare in tour e a fare concerti in giro.
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