Alzi la mano chi non ha mai ascoltato anche solo una volta pezzi come Lascia che io sia o Almeno stavolta di Nek. Il personaggio di cui vi stiamo per parlare è l’autore di questi due grandi successi e tanti altri brani noti e noi, durante Minturno Musica Estate, lo abbiamo intervistato: si tratta di Daniele Ronda.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
Da bambino ho cominciato a studiare pianoforte e canto, per poi iscrivermi in conservatorio successivamente. Non ricordo un momento preciso della mia vita in cui la musica non fosse parte integrante di me: agli inizi non pensavo minimamente al fatto che la musica sarebbe potuta diventare il mio lavoro e invece è accaduto davvero, per fortuna.
E hai riscosso grande successo sia da cantautore sia da autore per altri artisti.
Sì, ho avuto la fortuna di scrivere per tanti grandi interpreti, tra cui Nek, Mietta, Massimo Di Cataldo per quanto riguarda la musica italiana e, a livello internazionale, artisti legati alla dance o addirittura provenienti dal Sud America: a me piace molto spaziare, mescolare diversi stili e linguaggi e ricercarne nuovi. Cose che quando lavoro per me stesso le inserisco nella mia “valigia” per poi ritirarle fuori al momento opportuno. Non ho mai voluto catalogare troppo i vari generi della musica: non si tratta tanto di un limite quanto di una barriera che ti tiene tra uno spazio e l’altro. Se la musica deve essere un linguaggio universale, deve esserlo in tutti i sensi.
Tornando alla carriera da autore, hai nominato Nek: grazie a un tuo brano, Lascia che io sia, ha vinto il Festivalbar nel 2005.
Pensa che non mi rendo neanche conto degli anni che sono passati da quel traguardo… Sono trascorsi diversi anni, eppure si tratta di una canzone che ancora adesso continuo a sentire in radio e, eseguendola spesso durante i miei concerti, me ne sono un po’ “riappropriato”: dal vivo mi piace eseguirla in una maniera molto più vicina a come l’avevo concepita, poi per fortuna Nek l’ha interpretata alla grande e l’ha trasformata in un successo mondiale. E’ stata tradotta in più lingue, è stata reinterpretata da artisti spagnoli, artisti sudamericani… ed è bello entrare in un locale o in un bar e sentire in sottofondo una tua canzone: e ciò ti riporta al momento della storia che ti ha ispirato quella canzone. La stessa sensazione meravigliosa che provo quando ai concerti la gente presente la canta e la conosce a memoria.
Tra l’altro l’anno prima, nel 2004, hai partecipato al Festivalbar come cantautore con il brano “Come pensi che io”.
Anche questo pezzo porta con sé una storia particolare: ancora oggi tanta gente mi scrive e mi riferisce di essersi fidanzata o sfidanzata (e non è detto che la relazione sia andata bene…) grazie a questo pezzo, che ha creato nel bene e nel male momenti particolari della loro vita. Questa è la potenza della musica: poter entrare nella vita di tanta gente, a volte anche inconsapevolmente, poi quando lo scopri è davvero una grande soddisfazione.
Passiamo ora alla fase folk dei primi anni 2010.
Come dicevo prima, mi piace ricercare, mi piace scoprire, sperimentare, evolvermi e così nacque l’idea di comporre due dischi dalle sonorità vicine al folk, legate alle sonorità della terra, del territorio, addirittura con brani in dialetto della mia città di origine, Piacenza. E nel mentre ho collaborato con nomi importanti come Davide Van De Sfroos e Danilo Sacco (ex voce dei Nomadi). Ciò mi ha fatto scoprire un nuovo bellissimo mondo, composto di nuovi artisti e palchi e mi ha fatto scoprire un tipo di linguaggio entrato nel cuore di ascoltatori di ogni fascia di età. Da ciò è nato un percorso live che per me è fondamentale: io e i miei musicisti basiamo gran parte della nostra attività sul live, perché è grazie al live che incontriamo gli ascoltatori in maniera diretta girando tutta l’Italia e non solo. Ed è probabilmente grazie al successo dei live della mia “fase folk” che è nato questo mio legame così forte con il palco. Poi tutto ciò è andato a mescolarsi con il pop, con il rock, perché come detto più volte non me la sento di limitare il tutto ad un solo genere.
E durante il periodo folk hai avuto l’onore di aprire diversi concerti per Ligabue.
Sì, esattamente: era un tour in cui Ligabue scelse alcuni cantautori per aprire i suoi concerti, e noi facemmo da opening act per i concerti di San Siro e dell’Olimpico di Roma. Anche lì… non c’è bisogno di spiegare l’emozione di suonare davanti a tutta quella gente: da un lato c’è la paura e la consapevolezza che nel biglietto delle persone c’è scritto il nome di un altro artista e quindi in un certo senso te le devi conquistare. Per fortuna è andata molto bene e tante persone si sono avvicinate a me anche tramite quell’esperienza e tutt’oggi continuano a seguirmi!
Cosa pensi di Minturno Musica Estate?
Già alle prove si vede entusiasmo, ma non solo dietro al palco: c’è già il pubblico in piazza che assiste alle prove, c’è movimento, c’è un’orchestra che suona dal vivo che è stata disponibilissima nel fornire la strumentazione (anche se io questa sera suonerò accompagnato dalla mia band) e c’è una bella atmosfera in generale. Quindi non resta che salire sul palco, suonare e cantare: sarà una grandissima serata.
Progetti futuri.
Stiamo facendo un disco nuovo, siamo in tour e cercheremo di terminare a settembre il tour estivo di quest’anno e terminato il tour ci rimettiamo in studio per il nuovo lavoro… Ce ne sono tanti tanti di progetti futuri!
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