Vi diamo visione di una storia. Una storia vera. Romanzata per l’occasione, arricchita ma fedele a quei fatti accaduti settanta e più anni fa. Tutto inizia a Genova. Si tratta di una storia di amicizia, di amore e dolore. Il personaggio, Greg, è il frutto di un amore consumatosi in poco tempo. Il dolore e l’assenza d’attenzioni e d’affetto di un padre inesistente avranno ripercussioni in tutta la sua vita. Francesca, la mamma è una donna inizialmente forte e combattiva, ma i continui confronti in un mondo ancora impreparato ad accettare le donne-madri, una società conformista e bigotta, le creeranno non poche difficoltà nel ritrovare un proprio equilibrio. Francesca passerà da un amore sbagliato ad un altro, fino a scontrarsi col figlio. Il carattere ferito in Greg produrrà manifestazioni caratteriali altalenanti. Fortunatamente l’amicizia vera e sincera e l’amore lo aiuteranno nel ritrovare la propria strada. Greg aveva confuso il proprio andare in strade piene di nebbia. I percorsi stradali saranno percorsi di vita pieni di salite e facili discese. Ora c’è un nuovo slancio e impulso a crescere e crearsi un proprio futuro, una casa. Grazie al lavoro e ad una moglie… ma ancora non è finita…
CAPITOLO 1
Ciao Amore mio la mamma va al lavoro
Gregorio, rimaneva così nel letto; aveva poco più di sette anni ma già si era dovuto abituare a quel senso di solitudine che lo faceva stringere dentro le sue coperte. Le lenzuola cinte tra collo e spalle a tener fuori il fresco pungente della mattina. Da fuori arrivavano i rumori della vita che ricominciava per le strade; C’era un senso di familiarità nelle poche cose che si ripetevano tutte le mattine che gli davano una certa rassicurazione.
Quando si alzava trovava la tazza di latta smaltata coperta col piattino e sopra una fetta di pane con la marmellata ancora calda grazie al tepore che proveniva dal braciere. Tutte le mattine passava il carro con un asino avanti e un pony dietro, sempre pieno di pacchi e stracci. Dalla finestra scorgeva il signore con quella pancia enorme che sbuffava per farlo andare su per la via, e seppure pensava che non era giusto che spingesse quella povera bestia in quel modo, magari poi arrivato a destinazione l’aspettava un prato dove riposarsi. A lui invece spettava la scuola e la cosa non lo faceva davvero gioire. Mentre mangiava, con il vento che batteva forte sulle finestre scorgeva, di là della strada, proprio nel Molino, un volto che andava e veniva sul vetro. Non era reale, era un pezzo di compensato appoggiato ormai da anni sul vetro rotto, ma con la forma della spaccatura dava proprio l’idea di un profilo e a Greg faceva piacere pensare fosse quello della nonna lontana, come una compagnia che lo incitava a correre ad andare << Dai Gregorio, a nonna, su sbrigati che fai tardi a scuola>>.
Posata la tazza nel tinello colmo d’acqua, infilata la maglia e i calzoni, le scarpe e preso il laccio con il quaderno e la matita e il sacchetto contenente il temperino e la gomma pane, l’ometto è pronto. “Ometto”era l’appellativo che le aveva dato la signora del piano terreno, nonché proprietaria di casa. Era una brava donna. Greg le era affezionato. Tutti i giorni si fermava da lei di ritorno dalla scuola. Le preparava, a volte una minestra, altre una zuppa col pane, o nei giorni fortunati un bell’uovo al tegamino, che era anche il suo piatto preferito. Non avendo le chiavi di casa, era stata una fortuna trovare una signora così disponibile. Da quando era rimasta sola, aveva preferito trasferirsi al piano terreno, un tempo casa del portinaio, e fittare la casa o le stanze del suo appartamento.
Greg e la sua mamma Francesca erano arrivati in quel palazzo poco più di un anno prima, quando alla mamma le era stato assegnato un posto da infermiera all’ospedale della città. Avere un lavoro era una fortuna non da poco. Malati ce ne erano tanti, vecchi e giovani, feriti, invalidi e poi tutti quelli che si erano ammalati con la carestia e la povertà. La guerra portava ancora vive le ferite nei volti, nei corpi e nell’anima della gente. Tutto il dolore e la disperazione avevano reso da una parte le persone più forti, più umane, più disponibili le une verso le altre, non per un senso di Patria, ma per un umano bisogno di stringersi vicino e dal nulla riprovare a vivere, proprio per quell’insensata cosa che era stata la guerra. Aveva reso tutti più deboli, più poveri più soli. Tutte le famiglie che avevano perso gli amori, i cari erano orfani di sentimento, oltreché più poveri delle certezze che con tanto lavoro in tempi non sospetti rendeva tutto una certezza e un’abitudine, e non faceva neppure render conto che si trattava di felicità, di tepore, di cene grasse e bicchieri colmi. La signora Tina vedeva quel bambino così arzillo e vispo attento e non poteva non ricordare chi proprio per quell’insensata follia, non aveva più la possibilità di abbracciare, e seppure con un sospiro, gli augurava la buona giornata e quasi aspettava con ansia all’ora di pranzo. Greg camminava tra i cumuli di macerie che ancora erano ben visibili in molte parti della città. Lui fortunatamente nei giorni dei bombardamenti era lontano, in un paesino su per le montagne al confine con il Piemonte, in una zona che non aveva subito grossi danni materiali e lui aveva vissuto quegli accadimenti solo per i racconti delle donne, uniche abitanti rimaste, per la radio che si sentiva di tanto in tanto e per una colonna di camion dell’esercito tedesco che era passata di li durante il ritiro.
Alla scuola il maestro, era sempre molto gentile nella sua fermezza e autorità. Pretendeva che si desse del Voi e ci si alzasse scostandosi dal banco. La prima elementare era stata ben diversa nel paesino. Qui in città, malgrado tutti i disastri e dissesti c’erano palazzi enormi, scalinate da salire, tanti compagni e nel cortile si potevano incontrare perfino le ragazze. A Greg e al suo amico Aldo queste stuzzicavano non poco il senso di sfida e di provocazione. Stavano sempre insieme – loro due – a girar intorno ad una certa Emma. Alla fine risultava, chissà come che questa era fidanzata con tutti e due, e loro di questa cosa ne andavano pure fieri. Un concetto un po’ troppo moderno, che però fortunatamente non poteva non far strappare un sorriso all’interno delle case, alla sera, durante i loro racconti…..
Geografia, la sua materia preferita. Greg sapeva a memoriale capitali di tutte le città dell’Europa e degli Stati Uniti d’America, e poi con poche astute parole, seguendo i consigli di mamma, relativamente alla posizione sul mare, al clima, riusciva quasi sempre ad indovinare quale fosse la maggiore produzione agricola che ne determinasse la ricchezza. La guerra aveva distrutto le fabbriche, le miniere, le dighe e porti e ferrovie. Tutto questo poneva un attento studio delle risorse e della distribuzione delle ricchezze che nella Neo Repubblica Italiana dovevano essere investite per permettere in un tempo relativamente breve una nuova crescita economica del Paese martoriato.
Vado avanti?
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