Il tema dei cambiamenti climatici, a livello globale, ha ormai consolidato stabilmente il proprio ruolo apicale e di primissimo ordine, tra le battaglie da combattere. Ne sono la riprova i numerosi trattati intorno al tema susseguitisi negli ultimi anni, come anche la recente attenzione dell’Unione Europea al tema anche nelle linee guida per l’utilizzo dei fondi per la ripresa economica che seguirà la pandemia e nel Just Transition Fund parte del pacchetto Next Generation EU, come spieghiamo anche qui.
Di particolare rilevanza è anche il report 2018 dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, nel quale viene rilevato un incremento di un grado nel periodo intercorrente il 2006 ed il 2015 e che prevede un ulteriore aumento di 1.5°C entro il 2030.
L’incremento di temperatura non è l’unica conseguenza di un processo non inarrestabile, ma rispetto al quale si è già in uno stato avanzato: altri effetti sono l’aumento deciso nelle precipitazioni violente, a fronte di una diminuzione nella frequenza di esse ed un serio rischio di siccità per alcune zone del pianeta particolarmente a rischio, segnatamente in Africa e nell’est dell’Asia.
Tra i principali bersagli nella linea di tiro del riscaldamento globale c’è anche l’Australia, devastata da 8 mesi di rovinosi incendi, che hanno segnato in profondità il paese in questo 2020. Se impressiona il dato relativo all’aumento della temperatura globale, la proiezione che concerne il continente australiano prevede un possibile aumento di 6°C entro il 2070. Contestualizzando, l’Australia è un paese in cui le temperature estive percepite raggiungono sin da ora i 45°C. Quei 6°C possono essere il discrimine tra un paese abitabile ed uno inabitabile.
L’Australia è inoltre oggetto di posizione nettamente sfavorita per quanto riguarda la questione del buco nell’ozono. È infatti proprio sopra al continente australiano che si affina lo strato di ozono, rendendo i raggi di sole particolarmente pericolosi per la pelle umana, nel senso del pericolo di cancro alla pelle. È infatti maggiore la quantità di raggi ultravioletti in grado di bypassare la barriera atmosferica, conseguentemente richiedendo un attenzione ed una protezione molto maggiore nel prendere il sole in Australia.
Infine, un recente articolo di Bloomberg mette in guardia rispetto alla vivibilità di alcuni quartieri situati a Sydney. La città simbolo oceanica è infatti in continua espansione da anni ormai, sempre più allargandosi a discapito della vegetazione circostante nell’edificazione di nuovi quartieri, o “suburbs”, come vengono chiamati lì. Tuttavia, è stato dimostrato che l’aumento delle dimensioni cittadine sta costando un prezzo notevole a livello di vivibilità.
L’impoverimento delle zone verdi, inevitabilmente causato appunto dall’ampliamento degli edifici abitabili, è tuttavia malvisto dalla popolazione ed il difficile bilanciamento tra opposte necessità sta portando alla necessità di costruire utilizzando spazi sempre minori sta portando i nuovi quartieri ad essere realisticamente invivibili, in considerazione dell’aumento di temperatura. In particolare, si teme che in zone particolarmente grigie, quali i maxi parcheggi, le temperature derivanti dal calore prodotto dal suolo possano arrivare intorno ad i 70°C, rendendo di fatto incompatibili con la vita umana queste aree.
Un ennesimo promemoria del pericolo climatico per un paese che ha sofferto gli episodi di riscaldamento globale in maniera particolarmente acuta e che, si teme, potrebbe soffrirne di altri.
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