A far uscire di testa i genitori, specialmente se alle prime armi, non ci vuole poi tanto quando il bambino è malato e se poi si aggiunge anche la febbre alta… il panico colpisce quasi tutti e gli errori che si commettono sono lampanti. La prima cosa che fanno generalmente è imbottire i poveri malcapitati con antipiretici per far scendere la temperatura perché la convinzione che se la febbre scende allora il bambino sta bene, è rassodata nella nostra cultura di “siamo tutti medici basta cercare su Internet”.
Ma non è così e lo spiega bene Maurizio de Martino, ordinario di pediatria all’università di Firenze e direttore del dipartimento di Pediatria internistica ospedale Pediatrico Meyer di Firenze.
“Con poche e semplici regole – dice – è possibile risolvere nella stragrande maggioranza dei casi il problema febbre: come misurarla, valutarne la causa, decidere quindi come intervenire velocemente sulle cause e con quali cure dopo aver naturalmente avvisato il medico pediatra“.
“La febbre – spiega de Martino – esiste negli animali da 40 milioni di anni ed è presente in tutte le specie, incluse quelle più in basso nella scala zoologica. Quando un fenomeno biologico è mantenuto a lungo in tutte le specie vuol dire che è indispensabile per la sopravvivenza. E la febbre lo è, perché a temperatura febbrile funzionano meglio i meccanismi immunologici e funzionano peggio virus e batteri. I medici sanno che è brutta la prognosi di bambini con infezioni gravi ma che non sviluppano febbre. E sanno anche che abbassare la febbre comporta regolarmente un allungamento delle condizioni infettive”.
Quindi facciamo attenzione, la febbre in sé non va combattuta, basti pensare che anche le convulsioni in corso di febbre non dipendono strettamente da essa.
“Mentre l’utilizzo dell’antibiotico, essendo sotto controllo medico pediatrico – spiega de Martino – è, almeno in teoria, più gestibile e controllabile. L’antipiretico invece è disponibile in farmacia come farmaco da banco e quindi senza controllo. L’abuso di questa sostanza si verifica spesso proprio nei casi di ‘panico da febbre’, con grande superficialità da parte degli adulti, soprattutto se lo somministrano ai figli piccoli, e con altrettanti rischi per la salute“.
“L’antipiretico di prima scelta – continua l’esperto – è il paracetamolo (con dosaggio di 60 mg/kg/giorno, suddiviso in 4 dosi – da somministrare ogni 6 ore), è l’unica possibilità di cura, ma deve essere impiegato soltanto quando la febbre si associa a condizioni di malessere e dolore (mal di testa, dolori muscolari, dolori articolari). Se il bambino è febbrile, ma sta bene, somministrare l’antipiretico è un errore molto grave“.
Di seguito il decalogo che dovrebbe seguire ogni genitore in caso di febbre:
1) Per la misurazione impiegare solo il termometro elettronico digitale e solo sotto l’ascella: è lo strumento migliore di misurazione della temperatura corporea. La via rettale è causa di sconforto e anche di incidenti;
2) Far visitare in giornata il lattante febbrile, perché è frequente la possibilità di infezione batterica grave;
3) Se la febbre non si abbassa non intestardirsi con l’antibiotico: non sempre la febbre è causata da infezione;
4) Rispettare le dosi prescritte dal medico o indicata nel foglio illustrativo;
5) Rispettare i tempi di assunzione indicati dal medico, senza prolungarli o accorciarli;
6) 90 minuti. Questo è il tempo massimo entro il quale deve essere atteso l’effetto dell’antipiretico.
7) La via di somministrazione è sempre quella orale, salvo casi rari;
8) No ai ‘rimedi della nonna’: spugnature, ghiaccio, o pezzette sono non solo inutili (la febbre è un innalzamento centrale e non periferico della temperatura corporea), ma anche controproducenti: causano brivido e quindi innalzamento della temperatura e malessere nel bambino (ché ha già i guai suoi per la malattia in corso);
9) La crescita dei dentini non provoca febbre: non esiste cioè la febbre da eruzione dentaria.
10) Attenzione alla malaria se il bambino febbrile è di ritorno da un Paese ad endemia malarica.
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