Già alla fine di febbraio si era creata una certa tensione tra la presidenza del Consiglio dei ministri, nella figura ovviamente di Giuseppe Conte, e gli amministratori locali, in particolare il presidente della Regione Lombardia, sul tema Coronavirus.
Infatti la regione guidata da Attilio Fontana è largamente quella più colpita dal Coronavirus, in particolar modo la provincia e la cittadina di Bergamo, che è andata incontro ad un vero e proprio disastro sociale, con migliaia di persone decedute.
Secondo il sindaco di Bergamo Giorgio Gori infatti, in città e provincia un’intera generazione sta venendo cancellata dall’epidemia di Coronavirus, che com’è noto, per quanto sia pericoloso e si diffonda in tutte le fasce di età, si aggrava particolarmente nella parte della popolazione più anziana, particolarmente fragile.
Il presidente della regione Lombardia ha affermato in un’intervista di aver avuto l’ennesima incomprensione ed episodio di discordia con il governo centrale. Pare che il governatore avesse chiesto al presidente del Consiglio di applicare alla città di Bergamo le restrizioni da “zona rossa”.
Niente uscite di casa se non per fare la spesa ed accompagnare i cani a fare i bisogni, tutti i negozi chiusi, senza “serrate graduali” di giorno in giorno, militari ai confini della città, le medesime misure applicate anche, ad esempio, nei comuni di Codogno e Vo’ Euganeo.
Una decisione che per quanto presa in considerazione dal governo guidato da Giuseppe Conte per cercare di arginare il contagio da Coronavirus, alla fine non è stata portata avanti, equiparando Bergamo al resto d’Italia.
In attesa di una smentita dal governo, appare sempre più evidente come la gestione di questa emergenza Coronavirus sia un grandissimo banco di prova per la classe politica, per questo motivo le accuse tra le parti, maggioranza e opposizione, non cessano di piovere.
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