E’ diventata ormai una vera e propria emergenza ambientale quella generata dalle cosiddette microplastiche, piccoli frammenti di plastica che hanno invaso il pianeta, provocati dalla dispersione nell’ambiente della plastica, con conseguenze disastrose per l’ambiente e la salute delle persone. Nel corso degli anni svariati studi hanno evidenziato come la diffusione di microplastiche e le conseguenze che ne derivano siano impossibili da controllare.
Non a caso, più volte è stata rilevata, in concentrazione variabile, la presenza di microplastiche nei pesci che finiscono sulle nostre tavole e persino nell’acqua che esce dal rubinetto. Ebbene, un nuovo studio commissionato da Greenpeace rivela qualcosa di nuovo e altrettanto allarmante. A quanto pare le microplastiche stanno contaminando anche il sale da cucina.
La ricerca nasce da una collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon, in Corea del Sud, ed è stata pubblicata sulla rivista internazionale Environmental Science & Technology. I ricercatori hanno analizzato 39 campioni di sale marino, da lago e da miniera provenienti da diversi paesi, compresa l’Italia. E il dato sconcertante è rappresentato dal fatto che in 36 campioni su 39 (92%) è stata rilevata contaminazione da microplastiche.
In particolare è stata rilevata la presenta di Polipropilene, Polietilene e Polietilene Teraflatato, considerati i principali tipi di plastica usati a livello globale per produrre confezioni e imballaggi usa e getta.
La contaminazione maggiore è stata registrata nel sale marino, mentre il sale proveniente da laghi salati e da miniera ha mostrato una presenza di microplastiche inferiore. I campioni provenienti dall’Asia, in generale, sono apparsi i più contaminati. Un esempio è quello dei campioni provenienti dall’Indonesia, in cui sono state rilevate fino a 13000 particelle di microplastiche. I dati relativi ai tre campioni di sale da cucina provenienti dall’Italia (due di tipo marino e uno da miniera) hanno evidenziato una presenza di particelle compresa tra 4 e 30 per ogni chilogrammo.
Tenendo in considerazione la quantità media di microplastiche rilevata nei campioni analizzati, e che in media un adulto consuma giornalmente 10 grammi di sale da cucina, una persona rischia di ingerire in media 2000 particelle di microplastiche all’anno.
Questo studio si conferma il primo su larga scala riferito alla presenza di microplastiche nel sale da cucina, e i risultati ottenuti evidenziano le conseguenze della dispersione di microplastiche nell’ambiente, che rappresenta un problema impossibile da controllare. L’unica strada da seguire è quella di ridurre drasticamente l’inquinamento, partendo proprio dalle grandi aziende che dovrebbero abolire l’uso di plastica per produrre imballaggi usa e getta, passando invece a materiali ecosostenibili.
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