La semaglutide, nota principalmente per i suoi effetti nella perdita di peso e nel trattamento del diabete di tipo 2, potrebbe rivelarsi un’arma promettente anche nella lotta contro il morbo di Alzheimer. Un nuovo studio condotto su modelli murini (topi) affetti dalla malattia neurodegenerativa ha evidenziato che questo farmaco apporta benefici significativi a livello cerebrale.
I ricercatori hanno riscontrato una riduzione delle placche di beta-amiloide, la proteina neurotossica che si accumula nel cervello dei pazienti con Alzheimer; un miglioramento delle funzioni cognitive e della memoria, con prestazioni nei test comportamentali simili a quelle di topi sani; e una riduzione dell’infiammazione cerebrale, un fattore chiave nella progressione della malattia. Considerando che l’Alzheimer è la forma più diffusa di demenza al mondo e che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i casi sono destinati a triplicare nei prossimi 25 anni, la possibilità che la semaglutide offra un effetto protettivo rende questa scoperta particolarmente interessante. Tuttavia, ulteriori studi saranno necessari per verificarne l’efficacia sugli esseri umani.
Lo studio e i risultati ottenuti
La ricerca è stata condotta da un team di scienziati cinesi del Laboratorio chiave di Fisiologia cellulare dell’Università Medica dello Shanxi, in collaborazione con altri istituti di ricerca, tra cui l’Università di Shaoyang, il Terzo Ospedale dell’Università Medica dello Shanxi e l’Accademia di innovazione nella scienza medica dell’Henan – Istituto del cervello di Zhengzhou. Coordinato dai professori Zhao-Jun Wang e Mei-Na Wu, il team ha utilizzato topi transgenici 3xTg, un modello murino per lo studio dell’Alzheimer, al fine di testare l’efficacia del farmaco.
I ricercatori hanno somministrato la semaglutide ogni due giorni per un mese a diversi gruppi di topi e, successivamente, hanno eseguito test comportamentali e molecolari per valutarne gli effetti.
- Miglioramenti cognitivi:
- Nei test di memoria spaziale e memoria di lavoro, i topi trattati con il farmaco hanno mostrato prestazioni superiori rispetto a quelli non trattati, raggiungendo livelli comparabili a quelli dei topi sani.
- Ciò suggerisce che la semaglutide potrebbe avere un effetto neuroprotettivo e preservare le capacità cognitive compromesse dall’Alzheimer.
- Effetti molecolari e neuroprotettivi:
- Il farmaco ha favorito il rilascio di fattori antinfiammatori e inibito quelli pro-infiammatori nella corteccia cerebrale e nell’ippocampo, regioni cruciali per la memoria e l’apprendimento.
- È stata osservata una riduzione dell’accumulo di beta-amiloide, principale responsabile della degenerazione neuronale.
- Ha indotto una trasformazione delle cellule immunitarie del cervello, chiamate microglia, dallo stato M1 pro-infiammatorio allo stato M2 protettivo, riducendo così l’infiammazione cronica associata alla malattia.
Un farmaco dalle molteplici potenzialità
Oltre ai benefici evidenziati contro l’Alzheimer, la semaglutide è al centro di numerosi studi che ne stanno rivelando un potenziale sorprendente in diversi ambiti della medicina. Tra gli effetti positivi già osservati figurano:
- Riduzione della mortalità per tutte le cause,
- Protezione contro patologie renali,
- Effetti positivi su alcune forme di cancro,
- Sollievo dal dolore da osteoartrite,
- Supporto nella cessazione del fumo, suggerendo un’azione sul sistema di ricompensa cerebrale.
Nonostante questi risultati promettenti, è fondamentale ricordare che gli esperimenti condotti sui topi non sempre si traducono in effetti equivalenti negli esseri umani. Saranno dunque necessari studi clinici più ampi e approfonditi per determinare l’efficacia della semaglutide nel trattamento dell’Alzheimer.
Lo studio completo, intitolato “Semaglutide promotes the transition of microglia from M1 to M2 type to reduce brain inflammation in APP/PS1/tau mice”, è stato pubblicato sulla rivista scientifica Neuroscience.
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