Che fine hanno fatto: Il Principe Giannini e l’ottavo re di Roma Totti [ 1 Parte]

Sembra quasi inopportuno l’uso della frase “che fine hanno fatto” per Capitan Totti. E’ passato pochissimo dal suo addio al Calcio e la cronaca ci riporta spessissimo dei suoi interventi, in ordine a commenti e fatti più o meno personali che lo riguardano direttamente o di riflesso (spesso accanto alla sua bellissima moglie Ilary). A volte sono commenti o battute  sull’andamento della stagione calcistica e più specifico sulla sua Roma. Altre volte la Cronaca Rosa ci racconta della sua vita più o meno privata, dei suoi viaggi, delle pubblicità, o ancora delle tante iniziative benefiche di cui è promotore.

In questo momento però ci piaceva fare il raffronto generazionale tra i due capitani che meglio hanno rappresentato l’animo sportivo e lo spirito della A.S. Roma degli ultimi anni con caratteristiche che ne hanno fatto – a loro modo – dei trascinatori. Oltre a giocare numeri pazzeschi in campo sono stati anche simboli e riferimenti per i giovani della scorsa e della presente generazione. Dei Miti; Giannini negli anni ottanta e novanta, con il suo modo rabbioso e impertinente. Bello e impossibile per le ragazzine del tempo. Schivo e scontroso ma con un carattere tenace.  Totti subito dopo per vent’anni, simbolo del Capitano, del Re di una squadra ha ridefinito un ruolo di una persona, di un uomo, all’interno di una compagine. E’ stato la bandiera e l’idolo da imitare. Totti come Simbolo e rappresentante non solo nel mondo del pallone, quale sportivo ma anche “brava persona”.

 

Nella storia del calcio. Ci fu un passaggio di consegne ideale tra il Principe e l’ottavo Re di Roma, questo avvenne quando Giannini nel 1996 si tolse la casacca giallo-rossa…

Difficile il rapporto tra Giuseppe Giannini e la squadra della Capitale. Amore e frustrazione hanno attraversato le menti del giocatore e della Dirigenza che spesso sono entrati in contrasto fino all’irreparabile addio. Un addio che segnò anche una separazione interna alla tifoseria e ne decretò al contempo una immortalità nella memoria di chi quegli anni li ha vissuti tra candore, ardore e delusione. Anni difficili per la squadra che però in Giuseppe vide la propria bandiera.  Vestì per la prima volta la maglia giallorossa nella nel 1981, nella partita in Casa contro il Cesena.

Rimase alla Roma per 15 anni indossando il numero 10. Venne nominato “il Principe” per il suo modo di tener palla e correre sempre a testa alta. Rimase fino al 1996 collezionando più di 300 presenze in campo e 49 gol. Quando lasciò la Roma  approdò in Austria nella squadra Sturm Graz, poi tornò in Italia nelle file del Napoli e concluse la carriera nel Lecce. Meno fortunata la carriera di allenatore fatta di nomine, successivi diverbi e abbandoni. Un carattere introverso che spesso si manifestò con sfoghi al limite della violenza verbale o fisica. Giuseppe ha passato anche momenti difficili per presunte accuse poi decadute di Frode Sportiva e illecito sportivo ai tempi in cui era allenatore del Gallipoli. Era stato deferito dalla procura federale  insieme al direttore sportivo della sua squadra. In tutte le occasioni però è stato giudicato estraneo ai fatti e  pienamente prosciolto.  In ogni caso, aldilà dei fatti che l’hanno visto anche involontariamente protagonista, è e rimarrà il Principe di Roma.

Giuseppe Giannini, classe ’64 (20-agosto)

Oggi vive a Marino con la moglie Serena e le sue due figlie Francesca e Beatrice , ormai grandi.

Da Luglio,  dopo la non troppo fortunata esperienza terminata due anni fa come CT del Libano, riparte proprio da Roma, con la SS Racing Roma. in Lega Pro (potrebbe essere l’anno buono per riuscire nuovamente nell’impresa fatta con il Gallipoli). LA volontà è sempre forte, e Giuseppe non è uno che si tira indietro, ne guarda indietro, magari poi riuscirà a coinvolgere l’amico Francesco a giocare con loro…

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