Con l’avvicinarsi delle festività natalizie, periodo usualmente lauto per gli esercenti attività commerciali, quest’anno è sensibile la paura che le spensierate spese natalizie saranno ridotte all’osso, conseguenza naturale di uno degli anni più difficili in assoluto anche in termini economici, per gli italiani. Nel bilanciamento tra l’esigenza di tirare la cinghia e la volontà di concedersi un momento di condivisione e gioia nel grigiore delle restrizioni, è probabile che l’approccio ai presenti natalizi non sarà di totale rinuncia, ma di grande attenzione alle spese.
È proprio qui che trova terreno fertile il colosso del web Amazon, compagnia del valore di circa due miliardi di dollari, con un fatturato che nel 2019 è stato calcolato essere di 11.6 miliardi di dollari. Senza bisogno di eccessive presentazioni, Amazon, oltre ai nuovi servizi di streaming e quant’altro, si presenta come il maggior rivenditore al mondo, in grado di coprire, in pratica, qualunque settore commerciale.
Il brand, che opera interamente online, ha fatto della propria virtù principale la rapidità e la qualità del servizio. Caratteristiche che si aggiungono alla decisiva comodità per cui la scelta e l’acquisto del prodotto vengono esercitate comodamente sedendo sulla poltrona di casa. Amazon, come se non bastasse, ha dalla sua parte anche i prezzi: gli acquisti in blocco di quantitativi assolutamente imparagonabili con quelli acquistati dai rivenditori “tradizionali” permettono al colosso di acquistare i prodotti ad un prezzo inferiore e quindi anche a rimetterli nel mercato a prezzi più convenienti.
A onor del vero, tuttavia, non si può dire che i prezzi esercitati da Amazon siano sistematicamente inferiori rispetto a quelli proposti dal rivenditore al dettaglio. La strategia operata dal sito web è quella di periodicamente ruotare delle offerte assolutamente impareggiabili da qualunque altro rivenditore. Si potrebbe addirittura dire, in alcuni casi, che si tratti di uno “svuota tutto”, che alcuni prezzi di vendita siano sicuramente inferiori al costo per cui il bene è stato acquistato.
La verità è, appunto, che Amazon acquista a prezzi enormemente più bassi rispetto agli altri rivenditori autorizzati, per quanto detto sopra, ma anche che Amazon è ben consapevole del valore della fidelizzazione del cliente, del sempre maggior tempo speso davanti allo schermo dalle nuove (e non solo) generazioni e della facilità con cui i princìpi, in condizioni di difficoltà, possano cedere a fronte della comodità.
Amazon sa benissimo, arrivata ad avere il potere di mercato che attualmente ha, ipoteticamente in grado di inserirsi in qualunque settore, come ha fatto con quello dello streaming, partendo da zero, e in brevissimo tempo diventarne leader, che l’unica cosa da temere è il desiderio di tradizione provato dalle persone, la paura che uscendo a passeggiare la domenica scompaiano anche tutte le piccole attività che colorano i centri città e che già erano sopravvissute a stento all’avvento dei grandi magazzini.
Dunque, il nemico è lo scetticismo di chi, per presa di posizione, rifiuta un servizio semplice, veloce e meno costoso per salvaguardare un lampo di interpersonalità in un mondo già sufficientemente digitale, per affezione alle attività del proprio quartiere, o semplicemente per passione conservatrice. Contro questo sentimento, un generico abbassamento dei prezzi è assolutamente inefficace, se si escludono i periodi di recessione, in cui la forza della necessità può gradualmente erodere la consistenza dei princìpi di cui sopra.
Lo sparare di volta in volta offerte talmente basse da non poter non attrarre l’attenzione del più indomito dei tradizionalisti, magari su prodotti di nicchia, raramente oggetto di sconti, diventa certamente una strategia più efficace. Questo per dire che è probabile che alcuni dei prodotti venduti da Amazon siano venduti ad un prezzo addirittura inferiore di quello di acquisto, ma che questa scelta è funzionale ad attrarre quelle ultime fasce di consumatori rimasti finora impermeabili alle tentazioni. È noto che la forza di un princìpio sta nella sua integrità assoluta, e che in questi casi è sufficiente la prima crepa a far vacillare l’intero palazzo.
Ecco che con l’arrivo del periodo natalizio di un anno di sofferenza economica, unito alle restrizioni di movimento si allineano tutti i fattori per il definitivo allungo di Amazon rispetto alle regole della concorrenza economica, che son costrette a rimodernarsi costantemente nel tentativo di rincorrere un marchio che, a dispetto del volume, è quantomai sfuggente.
Non si è ancora parlato della sfaccettatura tributaria. È al costante ordine del giorno delle agende di tutte le organizzazioni internazionali, nell’assenza di un sistema di tassazione globale, il problema di come tassare Amazon, che nel 2018, secondo El Mundo, avrebbe pagato 4,4 milioni di tributi a fronte di 490 milioni di entrate in Europa.
È in questo calderone di argomenti che si inserisce la proposta, di cui parleremo domani, del Presidente della Regione Piemonte Cirio, di una maxitassa regionale ad Amazon, per salvaguardare la attività della propria regione. Una proposta ambiziosa, probabilmente folle da alcuni punti di vista, che tuttavia appare motivata dalla disperazione, a fronte della complessità della situazione disegnata fino a questo momento.
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