Se pensate che ognuno possa dire e scrivere qualsiasi cosa gli passi per la testa nella propria bacheca di Facebook, si sbaglia. Infatti le offese sul noto social network non sono una semplice diffamazione ma si tratta di vera e propria diffamazione aggravata con tutto ciò che ne consegue per le vie legali. Questo quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 50/2017 del 2 gennaio in cui è stato confermato che l’uso della bacheca rende l’offesa potenzialmente capace di raggiungere un numero di persone indeterminato o comunque apprezzabile quantitativamente.
La norma penale per far si che una diffamazione sia aggravata, stabilisce che ci sia utilizzo di “altro mezzo di pubblicità” e non è escluso in questo caso dal fatto che il social network è accessibile solo a coloro che si sono registrati sul relativo sito. Conta infatti la potenzialità del mezzo di diffondere la notizia e non le modalità di accedervi.
Già in passato era stato considerato l’aggravante in caso di comunicazione diffamatoria attraverso fax o e-mail inviati a più destinatari. Quindi attenzione perché l’aggravante c’è se il mezzo utilizzato abbia le capacità di raggiungere un vasto universo di spettatori, aggravando così la possibilità che ha il messaggio di ledere la reputazione della persona offesa.
Per quanto riguarda poi la decisione finale sulla questione riguardante le offese su Facebook sarà il Tribunale e non il Giudice di Pace.
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